Tutti i consumatori, ma soprattutto quelli che seguono la filosofia del biologico, hanno aspettative sulla qualità e si affidano agli organismi di certificazione per verificare e fornire informazioni sull’origine dei prodotti che consumano.

Tuttavia, non sempre la tracciabilità degli alimenti è garantita: certificazioni contraffatte ed etichettatura ingannevole sono solo alcuni esempi di potenziali problemi che un’azienda scorretta potrebbe arrischiarsi a creare, tentando di aumentare in maniera non regolamentata il valore percepito del suo prodotto.

Proprio a causa di precedenti di questo tipo la filiera alimentare internazionale è attualmente sotto pressione per fornire informazioni certificate e tracciabili su impatto ambientale, processi, qualità e sicurezza.

Inoltre, le diverse crisi alimentari verificatesi negli ultimi decenni hanno aumentato la domanda di prodotti di alta qualità ed un facile accesso alle informazioni sugli alimenti da parte dei consumatori, anche perché a causa della globalizzazione, il cibo percorre distanze sempre maggiori dal produttore al consumatore.
Le informazioni sull’origine dei prodotti sono particolarmente importanti nella filiera del cibo biologico, perché possono indicare l’uso di pesticidi, organismi geneticamente modificati (OGM) e l’impronta ambientale o di carbonio.
I pesticidi potrebbero essere tossici per l’uomo e potenzialmente avere effetti acuti e cronici sulla salute.
Questi effetti sulla salute e gli effetti sull’ambiente dovuti all’esposizione a sostanze chimiche sono una preoccupazione continua da parte dei consumatori, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS, 2018).
Se si scopre che un prodotto biologico in realtà non è biologico, le conseguenze per i partner della filiera potrebbero essere gravi. in passato è avvenuta la revoca del certificato biologico principale che ha portato alla liquidazione dell’azienda fraudolenta.

Ci sono anche stati dei rilevamenti di dati a livello europeo sui pesticidi negli alimenti biologici, resi disponibili dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che per la prima volta nel 2007 hanno mostrato che in alcuni casi il livello di pesticidi nei prodotti superava quello dettato dalla legge.
Sebbene i campioni di alimenti biologici in genere non superassero i livelli massimi tanto quanto i campioni di alimenti coltivati ​​in modo convenzionale, anche in quei campioni sono stati trovati residui di pesticidi.
Da allora, il campionamento annuale mostra che i livelli di legge sono stati superati nel 4,1% dei campioni di alimenti convenzionali e nell’1,5% (contro l’1,3% nel 2016) dei campioni biologici analizzati.

La tracciabilità della filiera biologica

Forse spinti da questi scandali, i consumatori sono sempre più preoccupati per la fonte dei loro cibi e bevande e gli esempi citati illustrano l’esigenza maturata di una tracciabilità nella catena di approvvigionamento alimentare.

La blockchain ci viene in soccorso in questi termini grazie alle sue caratteristiche di immutabilità e tracciabilità: permette infatti al consumatore di accedere in maniera facile e trasparente a tutte le informazioni importanti su un determinato prodotto.
La natura stessa della tecnologia blockchain rende perciò impossibile la modifica dei dati una volta inseriti tenendo potenzialmente traccia di tutto il processo, aumentando la fiducia del mercato e, di conseguenza, dei consumatori nei confronti delle aziende utilizzano in maniera corretta la blockchain.

Tramite applicazioni apposite diventa possibile permettere al consumatore finale di accedere a tutti i dati importanti della filiera di un determinato prodotto, risalendo potenzialmente fino al campo o all’albero dove il prodotto è stato raccolto e verificando tutte le tempistiche di logistica: dal giorno di raccolta all’arrivo in negozio.

Un elemento tecnico importante che influisce sulla facilità di accedere alla tracciabilità dell’intera filiera è il modo in cui i consumatori e possono verificare l’origine del prodotto.
Ad esempio, il codice QR è un codice a barre bidimensionale con una capacità di dati maggiore rispetto a un codice unidimensionale, come un codice a barre classico. Può essere scansionato facilmente da un qualsiasi dispositivo mobile per indirizzare a un sito web con maggiori informazioni, ad esempio, sull’origine del prodotto.
Un singolo tag con codice QR è più economico di un tag RFID e un consumatore può scansionare il codice che mostrerà sul suo dispositivo tutte le informazioni salvate in blockchain del lotto di prodotto associato al codice QR.

L’applicazione Biosociale.it fa esattamente questo: il software permette l’inserimento di dati personalizzati in base alle necessità ed utilizza la tecnologia blockchain, sviluppata dalla start up Iterno, per creare un codice QR che conserva dati in maniera permanente e non modificabile, un codice unico che contiene tutte le informazioni di produzione di un determinato prodotto in maniera trasparente ed accessibile a chiunque possegga uno smartphone.